In un momento in cui si parla molto di viaggi siderali, ecco una novità alquanto originale: la riproduzione tridimensionale giunge nel cosmo. Ed è… autonoma.

Uno dei film del momento è Interstellar di Christopher Nolan, su una pericolosa spedizione per “colonizzare” qualche pianeta abitabile, dato che la Terra, nel prossimo futuro ivi descritto, non avrebbe più molto da offrire. Poi c’è la missione Futura, alla quale ha preso parte l’astronauta italiana Samantha Cristoforetti, la prima donna connazionale (e l’unica europea oggi in servizio) a partecipare a un evento del genere.

Un apparecchio che basta a se stesso

Proprio dalla navicella in cui sta lavorando l’entusiasta trentina arriva una notizia singolare: l’esordio di una stampante 3D a bordo di un mezzo spaziale. L’apparecchiatura è stata installata solo qualche giorno fa, ma ha da poco plasmato un oggetto: un suo pezzo di ricambio (è una sottile piastra che serve da supporto elettronico). Ciò, indirettamente, significa che questo tipo di macchinari tornerebbe senz’altro utile durante le operazioni in orbita, senza dover per forza ricorrere alle basi terrestri quando serve il complemento di qualche attrezzatura. Anzi, più avanti, per sondaggi su Marte o su eventuali asteroidi, costituirebbe la soluzione perfetta.

Il marchio prima di tutto

Con un certo “orgoglio”, questo prodotto nato in assenza di gravità mostra i loghi dei suoi “genitori”: la NASA, ovviamente, e Made in Space, ovvero l’azienda californiana che ha costruito l’avveniristica stampante. Il procedimento è semplice: si riscalda un filamento di plastica che dopo viene stratificato secondo le istruzioni di un file mandato dalla Terra. L’“hardware” che ne risulta, in pratica, non è spedito, bensì “trasmesso”. Naturalmente, parliamo di una fase sperimentale: i pezzi devono essere testati, montati, ricanalizzati; ma le premesse sono buone.
Siete d’accordo?

L’articolo è tratto da: http://bit.ly/1yWy6ou

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